LA VEGLIA PASQUALE – MADRE DI TUTTE LE VEGLIE

La Notte dell’anno

La celebrazione della Veglia Pasquale, nonostante sia la più importante dell’anno, non è però molto popolare. Lunghi secoli di scarsa considerazione hanno fatto sì che solo a poco a poco la comunità cristiana stia comprendendo la centralità di questa Notte.

Si tratta di creare ambiente e tradizione. E la migliore pedagogia è una buona celebrazione della Veglia con quei cristiani che vi partecipano – pochi, in confronto con altre celebrazioni della Settimana Santa -. È il momento di fare uno sforzo pastorale, perché, mettendo in risalto gli aspetti principali, e non i più folclorici, tutti comprendano il profondissimo significato di questa Notte.

Inoltre, durante la Quaresima, andrebbero fatti costanti riferimenti a questa Veglia: ai suoi contenuti sacramentali (Battesimo, Confermazione, Eucaristia); alla sua visione della Storia della Salvezza; al gioioso annuncio della Pasqua del Signore; al dovere di una nostra partecipazione impegnata ad essa. Se, durante il cammino quaresimale, i cristiani acquisiscono questa mentalità, è più facile che si sentano stimolati a partecipare a questa celebrazione, sia che si trovino nel loro ambiente abituale o in quello delle ferie pasquali.

“Secondo un’antichissima tradizione, questa è una notte di veglia in onore del Signore (Ex 12,42). I fedeli, come raccomanda il vangelo (Lc 12,35-36), devono assomigliare ai servi che, con le lampade accese, aspettano il ritorno del loro Signore, perché quando arriva li trovi vigilanti e li inviti a sedersi a tavola” (Messale).

Lo schema d’ogni celebrazione sacramentale

Le “cerimonie” di questa Notte non sono una celebrazione strana e confusa. Seguono semplicemente lo schema di tutte le celebrazioni sacramentali, soprattutto l’Eucaristia, ma con alcuni momenti particolarmente rimarcati.

Ogni Sacramento si celebra secondo questo schema:

  1. rito d’ingresso: la comunità si riunisce e si prepara
  2. liturgia della Parola
  3. liturgia del Sacramento (che sia l’Eucaristia, o il Battesimo, o il Matrimonio…)
  4. Commiato della comunità.
  5. Anche in questa Notte Pasquale la celebrazione ha due parti centrali:
  6. la Parola: questa volta, però, le letture sono più numerose (nove, invece delle due o tre abituali),
  7. il Sacramento: ma questa notte, dopo il cammino quaresimale e il catecumenato, si celebrano, prima dell’Eucaristia, i sacramenti dell’iniziazione cristiana: il Battesimo e la Confermazione.

Così, i due momenti centrali acquisiscono oggi un rilievo speciale: si proclama nella Parola la salvezza che Dio offre all’umanità, con al vertice l’annuncio della resurrezione del Signore. Poi, questa salvezza è celebrata sacramentalmente, coi sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia. Parola e Sacramento, in un loro ritmo pieno di dinamica che questa notte ha un’importanza ancora maggiore.

Ed a tutto questo è anteposto un rito d’ingresso speciale: invece di fare solo una processione d’entrata con un canto, un saluto, etc. si aggiunge il rito della luce, che risplende nel mezzo della notte, poi l’Annuncio pasquale che potremmo considerare come una “commento iniziale” lirico, solenne, festivo e cantato.

La Pasqua del Signore, la nostra Pasqua

Tutti questi elementi speciali della Veglia vogliono mettere in risalto il contenuto di fondo della Notte: la Pasqua del Signore, il suo Passaggio dalla morte alla Vita. La preghiera del presidente, all’inizio delle letture del N.T, invoca Dio, che “illumina questa notte santa con la gloria della resurrezione del Signore”. In questa notte, più che in qualunque altro momento, la Chiesa loda Dio perché “Cristo, la nostra Pasqua, è stato immolato” (prefazio I di Pasqua).

Ma la Pasqua di Cristo è anche la nostra Pasqua: “Nella morte di Cristo la nostra morte è stata vinta e nella sua resurrezione tutti siamo risorti” (prefazio II di Pasqua). La comunità cristiana si sente inserita, “contemporanea” del Passaggio di Cristo dalla morte alla vita. Lei stessa rinasce e si rallegra per “la nuova vita che nasce da questi sacramenti pasquali” (preghiera sulle offerte della Veglia): con il Battesimo s’immerge con Cristo nella sua Pasqua, con la Cresima riceve lo stesso Spirito della vita, e nell’Eucaristia condivide il Corpo e il Sangue di Cristo, come memoriale della sua morte e resurrezione. I testi, le letture, le preghiere, i canti: tutto punta a questa gioiosa esperienza della Chiesa unita al suo Signore, esperienza centrata nei sacramenti pasquali. Questa è la chiave per una migliore spiritualità cristiana, che deve incentrarsi, più che nella contemplazione dei dolori di Gesù (la spiritualità del venerdì Santo è più facile da assimilare), nella comunione col Risorto dai morti.

Cristo, risorgendo, ha vinto alla morte. Questo è veramente il giorno che ha fatto il Signore; il fondamento della nostra fede; l’esperienza decisiva che la Chiesa, come Sposa unita al suo Sposo, ricorda e vive ogni anno, rinnovando la sua comunione con lui, nella Parola e nei Sacramenti di questa Notte.

SUGGERIMENTI PER LA CELEBRAZIONE

L’ora

Questa è una notte di veglia della comunità cristiana.

Anche qui, come il venerdì, bisogna riconoscere che esiste un problema d’orario. Ma il Messale stabilisce chiaramente la norma: “Tutta la celebrazione della Veglia si deve fare durante la notte”: non si deve incominciare prima dell’inizio della notte (Messale).

Le ragioni sono evidenti:

  1. l’autenticità: i testi insistono nel parlare della “notte”, proprio in questa celebrazione che è la “madre di tutte le veglie”: “questa è la notte… “;
  2. la pedagogia del segno: di tutti i segni che s’impiegano oggi (la luce, il cero, l’acqua…) il primo è il più simbolico: l’oscurità della notte; la Pasqua è il passaggio dall’oscurità alla luce, dalla morte alla vita, dal peccato alla vita nuova;
  3. nella vita non chiamiamo “notte” le ore del pomeriggio: non è per nulla pedagogico che la Veglia si celebri nel momento delle messe vespertine del sabato: deve apparire chiaro che questa notte è qualcosa di speciale; non è necessario aspettare mezzanotte: è meglio incominciarla una volta buio, per esempio alle 10;
  4. il sabato Santo è un giorno a liturgico: il Messale lo dice chiaramente; “durante il sabato Santo la Chiesa si astiene dal sacrificio della Messa”; questa Veglia, con la sua Eucaristia, appartiene chiaramente alla domenica di Pasqua, non al pomeriggio del sabato… “Veglia” non significa qui “vigilia di festa”, bensì “notte di veglia”.

Nel programmare l’orario non dobbiamo lasciarci guidare, dunque, solo dalla comodità, ma dal senso che ha la Veglia in sé, perché non sia impoverito il suo simbolismo, cominciando dall’oscurità della notte: simbolismo che sicuramente è facile da comprendere da tutti e che permette a tutta la celebrazione d’essere espressiva e quindi anche meglio compresa. Incominciare la Veglia alle 8 della sera suppone celebrarla in piena luce, soprattutto con l’orario estivo che normalmente è già entrato in vigore.

Il Messale suggerisce un’altra possibilità: non celebrare la Veglia alle prime ore della notte, ma nelle ultime. Cioè, alzarsi per la celebrazione prima dell’aurora della domenica, per concluderla con le prime luci. È per esempio un’esperienza che si fa da anni in Germania, e secondo le relazioni, con più successo di quando la facevano nella notte del sabato.

Ritmo e pedagogia

Tenendo conto che le due parti centrali della Veglia sono la liturgia della Parola (questa notte più estesa) e la liturgia sacramentale (questa notte, oltre all’Eucaristia, i sacramenti dell’iniziazione), lo schema della celebrazione, secondo il Messale, è questo:

  1. solenne inizio: il Lucernario, con l’Exultet
  2. liturgia della Parola
  3. liturgia battesimale
  4. liturgia eucaristica.

In pratica, la successione dei grandi segni di questa notte: Luce, Parola, Acqua Battesimale, Pane e Vino eucaristico. Una successione “in crescendo” che deve essere dinamicamente orientata verso il punto culminante: la celebrazione dell’Eucaristia come memoriale della Pasqua del Signore.

Gli altri segni e simbolismi rimangono in secondo piano: il falò, le incisioni e i grani nel cero, l’elevazione graduale della voce nelle acclamazioni, il fuoco tolto dal falò…. Lo stesso Cero e l’Exultet non sono così importanti come la Parola ed i Sacramenti.

Ognuna di queste parti della Veglia ha il suo momento culminante:

  1. il rito d’ingresso o lucernario, nelle sue acclamazioni a Cristo-luce e nel suo annuncio pasquale;
  2. la Parola, nel passo al Nuovo Testamento e soprattutto nella proclamazione del vangelo;
  3. il Battesimo, col rito sacramentale o il suo ricordo da parte della comunità;
  4. l’Eucaristia, nella partecipazione al Corpo e Sangue di Cristo.

Per questo è importante che i momenti forti siano separati da una giusta “punteggiatura” in tutta la Veglia (un “punto e a capo” chiaro tra una parte e l’altra):

  1. così, dopo l’Exultet (e la possibile risposta cantata) un momento di pausa prima delle letture;
  2. dopo la Parola e l’omelia, alcuni momenti di silenzio;
  3. dopo il Battesimo (e Cresima) musica di sottofondo durante l’offertorio, mentre si prepara l’Eucaristia.

Inizio della Veglia: il Lucernario

Il “rito d’ingresso” di questa Notte è particolarmente festivo e pieno di significato. Se ogni pomeriggio, nei Vespri, cantiamo a Cristo come Luce, come Sole che non conosce tramonto, in questa notte di Pasqua, dall’oscurità totale, intoniamo di cuore la nostra lode a Cristo attraverso il simbolo del Cero e della Luce. Lui brilla in mezzo alle tenebre con la sua nuova vita e la trasmette a tutta la comunità.

Lui ci ha detto: “io sono la Luce del mondo: chi mi segue, non camminerà nelle tenebre”. Questa Notte, più che mai, possiamo elevargli la nostra lode: “Luce di Cristo. Rendiamo grazie a Dio”.

  1. Il rito del fuoco ed il modo di accendere il Cero devono essere fatti in modo semplice. Se si può fare senza difficoltà fuori della chiesa, bene, in quanto è un momento espressivo, con la sua introduzione e la sua breve preghiera di benedizione. Se, invece, non si può fare, perché il luogo non lo permette, s’inizia la celebrazione in chiesa, accendendo solo il Cero senza la benedizione del fuoco.
  2. Non c’è più oramai il rito delle incisioni nel Cero con i grani d’incenso. Questo non vuol dire però che il Cero non possa riportare già le cifre dell’anno: è un simbolo che esprime che ogni anno la Pasqua è nuova e colma ogni anno di salvezza.
  3. Il Cero deve essere bello, nuovo ogni anno, possibilmente acquistato con l’apporto fatto dalla comunità nelle settimane precedenti. Risulterebbe così più vera l’espressione dell’Exultet: “Accetta, Padre Santo, questo sacrificio vespertino di lode che la santa Chiesa ti offre per mezzo del suo ministro nella solenne offerta di questo cero “. Un Cero grande, ben ornato, come segno di Cristo.
  4. La processione con le acclamazioni e la progressiva illuminazione è pure un modo significativo di introdurre la celebrazione di questa Notte.

Le acclamazioni coincidono col luogo del fuoco, l’entrata nella chiesa e l’arrivo al presbiterio. E come tempo, col momento di accendere il Cero (la prima), le candele degli assistenti (la seconda), e le luci della chiesa (la terza). Non è necessario aumentare di tono ad ognuna: ma le tre devono essere vibranti e partecipate da tutti.

Se il gruppo di persone non è molto numeroso, in alcuni posti usano accendere personalmente la loro candela al Cero.

L’Annuncio pasquale

  1. a) L’Annuncio, insieme al rito del fuoco e del Cero, è il rito d’ingresso della celebrazione di questa Notte. E come ogni rito d’ingresso deve ambientare, dare il tono adeguato ed introdurre alla celebrazione. In questa Veglia, con un tono più festivo e lirico che in qualunque altra. In confronto a quello che segue (la Parola ed i Sacramenti) è certamente un momento secondario (cosa che è sottolineata anche dal fatto che non è necessariamente il presidente a doverlo proclamare). È, però, certamente, un elemento emotivo che può dare a tutta la celebrazione una preparazione psicologica piena di forza e in sintonia col mistero che celebriamo.
  2. b) Il contenuto dell’Annuncio si potrebbe riassumere così:

– invitatorio:

gioia della festa (angeli, la terra, la Chiesa universale, l’assemblea locale),

motivo di questa gioia (la festa della luce per la vittoria di Cristo);

– sintesi della Storia della Salvezza pasquale:

la Pasqua, profetizzata nell’A.T. (l’agnello nell’esodo, il passaggio del Mar Rosso, la colonna di fuoco);

la Pasqua, realizzata nel N.T. (Cristo il vero Agnello, i fedeli illuminati e salvati da lui, rappresentato nel Cero);

– inno alla notte santa (nella quale Cristo resuscita, Israele è stato liberato, la Chiesa

santificata ed i fedeli colmati di doni);

– proiezione al futuro, pasqua e parusia (che l’astro mattutino, Cristo, nella sua venuta trovi questo cero acceso)…

  1. c) perché quest’Annuncio sia veramente un’introduzione emotiva e dinamica della Veglia, la cosa più conveniente è che sia cantato. Non è necessario che sia il presidente a cantarlo, e nemmeno un ministro ordinato; è necessario invece che il solista o la solista, oltre a provarlo bene, colga bene il suo contenuto e lo esprima con vibrazione e senso. Se proprio non si riesce a cantarlo, bisognerà fare in modo che la sua proclamazione sia fatta con calma, in modo lirico, gioioso; un vero annuncio, non una semplice lettura, prosaica e frettolosa…
  2. d) L’assemblea potrebbe benissimo, come suggerisce il Messale, intercalare brevi acclamazioni cantate in vari momenti dell’annuncio: così si spezza da un lato il monologo del cantore o del lettore, e dall’altra l’assemblea interviene attivamente, sottolineando, con frasi adeguate, la linea del pensiero conclamato.

La liturgia della Parola

Questa notte la comunità cristiana si sofferma più del consueto nella proclamazione della Parola. Tanto l’Antico come il Nuovo Testamento, cioè tutta la Bibbia, parlano di Cristo ed illuminano la Storia della Salvezza ed il senso dei sacramenti pasquali. C’è un dialogo tra Dio che parla al suo Popolo (le letture) ed il Popolo che risponde (Salmi e preghiere).

  1. a) Le letture della Veglia hanno tra di loro una coerenza ed un ritmo. La chiave migliore ce l’ha offerta lo stesso Cristo: “Tutto quello che è scritto nella legge di Mosé, nei profeti e nei salmi su di me, doveva realizzarsi”, “e cominciando da Mosé e da tutti i profeti, spiegò loro (ai discepoli di Emmaus) in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Il primo gruppo di letture (Mosé) abbraccia la creazione, il sacrificio di Abramo ed il passaggio del Mar Rosso: l’opera salvifica di Dio verso il suo popolo Israele (cf. l’introduzione del Messale). I profeti ci parlano dell’amore che rinnova, dei segni dell’alleanza (Isaia), della fede (Baruc), e promettono la salvezza definitiva (Ezechiele, con le immagini dell’acqua pura, del cuore nuovo). I salmi cantano e meditano i temi suddetti; su di loro emerge soprattutto il cantico di Mosé al Mar Rosso ed il cantico battesimale di Isaia.
  2. b) L’A.T., però, prepara la realtà del N.T.: quello che si annunciava e prometteva, ora si è realizzato pienamente. È importante sottolineare questo passaggio al N.T: il Messale indica in questo momento diversi segni, come l’ornamento dell’altare (luci, fiori), il canto del Gloria e l’acclamazione dell’Alleluia prima del Vangelo. Si potrebbe anche illuminare in modo completo la chiesa, che durante le letture dell’A.T. avrebbe potuto rimanere illuminata in modo più discreto. Soprattutto è il vangelo, preso da uno dei tre sinottici, secondo il ciclo, che va fatto risaltare: è il compimento di tutte le profezie e figure, la resurrezione del Signore.
  3. c) Che letture scegliere? Il criterio di selezione non dovrebbe essere la comodità né la brevità per la brevità, ma pastorale: fare in modo che la ricchezza del contenuto della Notte si possa dispiegare nella celebrazione. Fare solo due letture dell’A.T e le due del N.T. (il minimo indicato dal Messale) sarebbe molto poco. Una volta all’anno vale la pena che la comunità cristiana proclami nel suo insieme l’opera salvifica di Dio, dalla creazione alla Resurrezione del Signore: una “notte di veglia” passata ascoltando la storia della salvezza, la “nostra storia”. Questa notte è extra-ordinaria. Non stiamo celebrando una messa vespertina domenicale, come ogni settimana. Naturalmente la cosa ideale sarebbe quella di proclamare le sette letture dell’A.T. e le due del N.T. Se sembra più opportuno diminuire il numero di quelle dell’A.T, si potrebbe sopprimere qualcuna dei profeti (più che quelle della Legge).
  4. d) Il modo concreto di proporre queste letture richiede immaginazione creativa. Non ci si può accontentare di una giustapposizione di letture, pensando che l’omelia finale aiuterà a dare loro coesione. Un modo potrebbe essere quello di presentare ogni lettura con una breve introduzione. Oppure fare una presentazione per blocchi (quelle della Legge, quelle profetiche, quelle del N.T.), oltre all’introduzione presidenziale che c’è già nel Messale. Alcuni preferiscono fare una breve omelia ad ogni lettura, per aiutare a cogliere il senso e l’attualità – nella Pasqua – di ogni passaggio. Ma c’è, nello stesso tempo, un’altra dinamica a curare: quella che va dalla lettura fino alla preghiera, passando dal salmo responsoriale. La preghiera è la risposta della comunità all’annuncio della Parola: esprime i sentimenti che suscita in noi la Storia della Salvezza che è conclamato.

Per questo il migliore schema sembra essere:

– la lettura, tranquilla e ben preparata, fatta da diversi lettori,

– la breve omelia che pone in relazione il suo messaggio col nostro “oggi” pasquale, se si preferisce fare così,

– il salmo, cantato da un solista e partecipato da tutti col ritornello,

– la preghiera conclusiva di ogni unità di lettura.

  1. e) I canti in mezzo alle letture vanno preparati bene. L’ideale sarebbe farli cantare da un solista. Ma è importante che per ognuno di essi si cerchi un antifona-ritornello adeguata, in modo che possa cantarla tutta l’assemblea. Qualcuno potrebbe anche essere semplicemente recitato. Il cantico di Mosé, che fa immediatamente seguito alla lettura corrispondente, sarebbe meglio cantarlo sempre. Non è molto opportuno utilizzare il suggerimento del Messale di sostituire il salmo con alcuni momenti di silenzio. Il Gloria, prima della lettera ai Romani (con accompagnamento di organo e campane) ed il solenne Alleluia prima del vangelo, intonato se possibile dal presidente, dopo il lungo silenzio quaresimale, danno un rilievo particolare all’annuncio che il N.T ci fa del Signore Risorto. Preparare bene la successione delle letture, dei canti e delle preghiere, nel loro ritmo giusto, dando soprattutto risalto a quelle del N.T, è condizione importante perché tutta la celebrazione di questa Notte abbia il suo pieno significato.
  2. f) L’omelia, sia frammentata ad ogni lettura, oppure unica alla fine di tutte, deve aiutare tutti a cogliere il senso della “marcia ritmica” che va dalla creazione fino alla Resurrezione, e, come il popolo – quello dell’Israele ed ora noi -, a sentirci avvolti da questa Storia che ci ha costituiti e che ci chiede di impegnarci oggi. Si deve cogliere anche l’unità che forma tutto il Triduo Pasquale: la resurrezione del Signore si capisce dalla celebrazione del venerdì, con la sua Morte in Croce, e ha il suo prolungamento nel nostro Battesimo e nell’Eucaristia. Un’omelia, quella di oggi, entusiasta, contemplativa, acclamante, più che moraleggiante.

La liturgia battesimale

  1. a) La notte di Pasqua è il momento in cui ha più senso celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Dopo un cammino catecumenale (personale, se si tratta di adulti, e della famiglia, per i bambini; e sempre, per quanto possibile, della comunità cristiana intera) il segno dell’acqua – l’immersione, il bagno – vuole essere l’espressione sacramentale di come una persona si incorpora a Cristo nel suo passaggio dalla morte alla vita. Come dice il Messale, se si tratta di adulti, in questa notte ha un significato profondo che oltre al Battesimo si celebri la Cresima, perché siano inseriti da subito in modo pieno nella comunità eucaristica. E questo, anche quando non c’è il vescovo: il sacerdote che presiede ha questa notte la facoltà di conferire anche la Cresima, rendendo così visibile l’unità dei sacramenti dell’iniziazione. Non si tratta, evidentemente, di cercare all’ultimo minuto qualche bambino da battezzare questa notte, perché “più bello”, ma il gesto deve rispondere ad un cammino che dura tutta la Quaresima. In questo tempo non si celebrano normalmente battesimi: si programmano o per la Veglia Pasquale o per i giorni successivi. È la comunità, e le famiglie concrete, che devono capire la Quaresima come un cammino di preparazione che ha il suo punto culminante nella Veglia.
  2. b) La celebrazione è composta di questi elementi:

– le litanie dei santi (se c’è battesimo), con l’adattamento che lo stesso Messale suggerisce:

– la benedizione dell’acqua: quella lunga, se c’è un battesimo, e quella breve se non ce n’è; più che benedire l’acqua, si tratta di benedire Dio per tutto quello che nella storia della salvezza ha fatto per mezzo dell’acqua (dalla creazione ed il passaggio del Mar Rosso fino al battesimo di Gesù nel Giordano), chiedendogli che anche oggi, attraverso il segno dell’acqua, lo Spirito di vita agisca sui battezzati; alla benedizione converrebbe che seguisse un’acclamazione breve, con un contenuto battesimale;

– il Battesimo e la Cresima secondo i loro rituali;

– la rinnovazione delle promesse battesimali, se non si è celebrato il Battesimo, perché in quel caso, alla rinuncia e alla professione di fede da parte dei genitori e padrini (e degli stessi battezzati, se sono adulti), si sarà unita anche la comunità col suo assenso; si tratta di far sì che tutti partecipino coscientemente tanto alla rinuncia (nel Messale ci sono tre formulari che si possono adattare o scegliere qualche altro formulario del Rituale del Battesimo) come nella professione di fede;

– a questa rinnovazione segue il segno dell’aspersione, con un canto battesimale; è un segno che poi, durante i Cinquanta giorni pasquali, si può continuare a ripetere alla domenica all’inizio dell’Eucaristia; questa notte, se non è troppo numerosa l’assemblea, ognuno potrebbe avvicinarsi ad intingere la mano nell’acqua per fare il segno della croce: un ricordo visivo del Battesimo;

– la Preghiera Universale o dei fedeli: molto bene situata dopo il Battesimo o del suo ricordo, perché è l’esercizio da parte della comunità del suo sacerdozio battesimale, che le dà la possibilità di intercedere davanti a Dio per tutta l’umanità: è una preghiera alla quale oggi bisogna dare rilievo.

L’Eucaristia

La celebrazione eucaristica è il culmine di tutta la Notte Pasquale. È l’Eucaristia centrale di tutto l’anno, più importante di quella di Natale o di quella del Giovedì Santo. Cristo, il Signore Risorto, ci fa partecipi della sua Carne e del suo Sangue, come memoriale della sua Pasqua. Non deve trasformarsi in un’appendice delle celebrazioni anteriori, ma nel suo punto culminante. Malgrado stia alla fine, e può notarsi già la stanchezza, bisogna sforzarsi perché sia il vertice della notte:

– l’offertorio può essere una pausa (musicale: con organo festivo); se ci sono neofiti non bambini, sarebbe bello che fossero loro a portare i doni all’altare;

– il sacerdote dovrebbe mettercela tutta per cantare il prefazio pasquale meglio che può, o le parole del Racconto, o la dossologia finale della Preghiera; e provare un amen cantato solennemente per sottolineare la Preghiera da parte di tutti;

– si potrebbe scegliere il canone romano, in ragione delle glosse che ha per questa notte, oppure la Preghiera quarta che è un ripasso entusiasta di tutta la Storia della Salvezza;

– la comunione, questa notte, è molto opportuno che sia sotto le due specie: si tratta di facilitare le cose, superando le reticenze che possono venire dagli incaricati; vari ministri che offrono il Pane ed i Calici possono far sì che sia contemporaneamente espressiva ed agile; la lettera della Congregazione sulla celebrazione della Pasqua (1988) raccomanda caldamente che in questa Veglia ci si comunichi sotto le due specie;

– il congedo, cantato col doppio alleluia, deve finire con un tono di festività; e ricordare, nelle parole finali, che questa notte incomincia una festa che dura cinquanta giorni…

– non sarebbe male far continuare la celebrazione in qualche posto annesso alla chiesa (o nella stessa chiesa se non c’è un altro luogo) con una piccola agape che permetta un po’ di convivialità tra i partecipanti (una cioccolata calda con qualche dolce che sicuramente preparerebbero con piacere molte delle famiglie partecipanti…)

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